Giovani Leader, gestire persone con più esperienza di noi
29 luglio 2011 § Lascia un commento
La litania dei leader che hanno fondato e costruito le loro aziende nei loro primi venti/trenta anni è lunga. E ‘difficile leggere notizie di giovani leader senza incappare inin nomi come Mark Zuckerberg, Biz Stone, o Andrew Mason. Questo ci pone in una situazione dove giovani leader “controllano” persone con maggiore anzianità lavorativa.
Essere un leader è abbastanza duro quando non hai storie di guerra che dimostrino di aver faticato in trincea guadanandosi così il rispetto delle persone e l’aver raggiunto la cima. Ma guidare un gruppo di persone senza l’autorità, gestire dei dipendenti con dieci e venti anni più di te, senza aver il pieno appoggio delle persone che si posizionano nel mezzo è una vera e propria sfida.
Come si fa a guidare senza potere? Che cosa fare se hai il titolo ma non l’esperienza? Che cosa se hai l’esperienza ma il tuo volto da bambino ti tradisce? Cosa fare quando il tuo capo ti sostiene e rispetta,ma i tuoi colleghi non hanno fiducia?
La sfida non è rara e nemmeno insormontabile. Ci vuole solo il giusto mix di riflessione, il tatto e la strategia da parte vostra. Quando sei giovane e hai il compito di essere un leader, le tre cose più importanti da tenere a mente sono le seguenti:
Essere Fiducioso
Essere di mentalità aperta
Sollecitare il feedback regolarmente
ESSERE FIDUCIOSO
Supponiamo che tu ti sia trovato nella posizione di leader o di gestire dipendenti più anziani per un motivo valido – sei competente e capace. Sei intelligente, energico, pieno di idee e pronto a prendere l’iniziativa. Non importa che tu possa dubitare che tu sia veramente pronto per la sfida (chi non lo fa?), Questi dubbi devono rimanere tali, non devi condividere questi dubbi con il Team.
Il vostro primo compito è quello di essere forti quando si parla di dipendenti o con la squadra, inizia con quello che sai, parla con convinzione, dei dare un segnale chiaro di dove sei diretto, quali sono i tuoi progetti/obiettivi/clienti; Le tue idee sono buone fino a che qualcuno non dimostra il contrario- ricordati di accettare sempre il contraddittorio – Dovrai dare il tempo alle persone di riflettere sulle tue proposte, e in un secondo momento valutare insieme a loro i diversi commenti, senza però incappare in frasi del tipo: “Questo potrebbe essere sbagliato, ma …” Oppure: “Io non so se sarete d’accordo, però …” O, peggio ancora, “so che non sono stati fatti fino ad oggi piani a lungo, ma penso che dovremmo …” Quelle dichiarazioni sono completamente e assolutamente schiaccianti.
Invece, comunicare la vostra fiducia condividendo le vostre idee, iniziative e strategie apertamente, “Ecco come abbiamo intenzione di andare avanti con il racconto di Luca”. Oppure, “Vorrei aumentare la velocità su progetto di Mario per spostarsi sulle fasi successive”, un differente approccio permette di raccogliere la fiducia delle persone
Essere di mentalità aperta
Mantenete un equilibrio sulla vostra fiducia ed allo stesso tempo la mente aperta. Non chiedete un supporto nella guida o sulla direzione da prendere piuttosto, proponete le vostre posizioni, opinioni o la direzione strategica e poi andate a raccogliere i feedback – FONDAMENTALI. Dovete essere ricettivi ai pensieri del tuo team e approfondire quando necessario, sollecitare le loro opinioni e idee, ma utilizzare il fraseggio per raccogliere le prove di conferma (” è questo l’approccio che avevi in mente?” O “, ritenete di questo sia in linea con il vostro pensiero?”), In opposizione a chiedere a titolo definitivo se qualcosa è giusto o buono; stiamo parlando di competenze specifiche e non di ignoranza o inesperienza.
Date ai vostri colleghi o subordinati una voce e fateli sentire attivi e partecipi nel processo di condivisione di idee e mettete alla prova “stressando” le strategie, ma siate sempre sicuri di quello che è l’ordine del giorno guidando le persone. Chiedere informazioni, un consiglio o un feedback è diverso da chiedere il permesso o l’orientamento.
Sollecitare il feedback
Infine, continuate a cercare un feedback da parte di colleghi regolarmente all’interno dell’azienda – superiori e subordinati – sulla tua performance. A prescindere di offerte o progetti specifici; far sapere che vi preoccupate per il miglioramento continuo; Se il messaggio che riuscite a fare passare è che siete aperti a ricevere feedback, la gente sarà più disponibile a darne.
Cercate di riconoscere quando è necessario rimanere in fase di ascolto e/o apprendimento, cogliendo le informazioni, e mantenendo la mente aperta essere il motore per l’avvio delle attività, l’importante è di non dimenticare mai di non perdere la direzione prefissata e mantenere gli impegni dati, altrimenti si rischierà di perdere fiducia da parte delle persone
Aziende a Gestione famigliare hanno bisogno di Management
25 luglio 2011 § Lascia un commento
Nei paesi emergenti come India e Brasile, le imprese a conduzione familiare, sono la norma, e anche nelle nazioni più ricche le imprese di piccole e medie imprese sono prevalentemente aziende a conduzione familiare.
Nonostante la loro ubiquità, una battaglia di lunga data ha imperversato sulla questione se le imprese di famiglia sono davvero buoni affari. Avere un grosso blocco di azioni nelle mani di una famiglia può avere i suoi vantaggi, in quanto il problema classico delle compagine quotate in borsa è che nessuno socio ha un incentivo sufficiente per monitorare il CEO, ma un’importante blocco di azioni in mano ad una famiglia fornisce la motivazione più forte per assicurarsi che l’alta direzione non si riempia le tasche a spese degli azionisti.
Il problema nasce, però, quando la famiglia mette uno di loro alla guida dell’impresa, specialmente quando il figlio maggiore diventa l’amministratore delegato, la primogenitura è la forma più comune di successione familiare. Se il passaggio non viene ben gestito e organizzato si corre il rischio di far “affondare” l’impresa
Ci sono tre problemi di successione con la famiglia:
Restringere la regola di selezione CEO a un familiare riduce lo spazio da cui è tratto il talento manageriale. Immaginate di scegliere i nostri membri della squadra olimpica dai figli e le figlie di coloro che avevano vinto alcune medaglie due decenni fa. Certo, vi è una certa componente genetica, ma è piuttosto improbabile che la persona migliore per il lavoro sia inevitabilmente un membro della famiglia.
Successivamente, vi è ciò che noi chiamiamo “l’effetto Carnegie”, dal nome del famoso industriale Andrew Carnegie, che ha dato via la maggior parte della sua ricchezza ai membri non di famiglia. Carnegie ha sostenuto che se il suo figlio maggiore sapeva che stava per ereditare l’azienda, che incentivo avrebbe dovuto per lavorare sodo a scuola?
Infine, la primogenitura ha un effetto deprimente su altri manager di talento in azienda. Perché lavorare duro quando si sa che i posti in alto saranno sempre riservati ai figli dei proprietari ‘? Meglio lasciare e cercare la vostra fortuna in un ambiente più meritocratico.
Molti storici dell’economia hanno incolpato il relativo declino in Gran Bretagna al “capitalismo personale” rispetto in America, Germania. Come Alfred Chandler scrisse: “La Gran Bretagna della fine del 19esimo secolo beava compiaciuto nel tramonto dell’egemonia economica ora è la volta della 3 ° generazione e la debolezza dell’impresa britannica riflette la loro combinazione di dilettantismo e di… compiacmento “. Nelle imprese familiari negli Stati Uniti questa situazione è sempre stata meno popolare, forse perché i manager stessi non sono stati privilegiati rispetto ai figli primogeniti. E in Germania, anche se la Mittelstandt di medie imprese è dominato dalla proprietà della famiglia, tendono ad assumere manager professionisti per far sviluppare le loro imprese.
Ci troviamo di fronte a sostenitori delle imprese familiari che sostengono che se i figli stanno accanto ai loro padri, ne prenderanno le capacità imprenditoriali e quindi saranno in grado di portare avanti le attività, dall’altra ci sono coloro che sostengono che i figli in particolari situazioni sono un freno
I sostenitori delle imprese familiari si opporrebbe che i figli possono imparare ai piedi dei loro padri e quindi hanno una migliore capacità imprenditoriali nel settore scelto (anche se questo deve essere meno vero quando l’azienda cresce grandi capacità manageriali e più in generale sono necessari). Difensori potrebbe anche sostenere che le imprese a conduzione familiare, creare maggiore fiducia tra il proprietario e gestore, così come l’azienda e clienti o lavoratori. Ciò è particolarmente importante nello sviluppo di paesi in cui lo Stato di diritto è debole e la reputazione è tutto.
Da alcune analisi e da lettura di sondaggi non ci sorprende che le aziende meglio gestite(dal punto di vista finanziario) sono quelle gestite da private equity in quanto più focalizzate al rientro di investimenti, le imprese gestite dal governo sono tra le peggiori, mentre più interessanti ,sono le imprese a conduzione familiare con un amministratore delegato esterno che raggiungono un punteggio di gestione piuttosto buona. E ‘solo quando le imprese a conduzione familiare sono gestiti da un familiare (in particolare il figlio maggiore) che sembrano avere una gestione molto scarsa.(dati relativi a sondaggi, non sempre è così)
Quindi questo ci permette ci comprendere che il passaggio generazionale, fondamentale per la continuità delle Aziende, non sempre può essere la scelta azzeccata e quindi è necessario comprendere quale può essere la strada migliore per l’azienda al fine di poterle donare continuità e prosperità nel tempo.
Dall’OEE al TEEP – Total effective equipment performance
25 luglio 2011 § Lascia un commento
Prima di entrare in argomento vorrei introdurre l’autore di questo articolo, L’Ing. Sergio FANDELLA; con l’Ing. Fandella ho avuto l’opportunità di collaborare di recente in un’azienda del Veneto, e ritengo con ottimi risultati. Abbiamo richiesto la sua partecipazione a questo blog, in quanto l’elevato livello Manageriale dell’Ing.Fandella merita di essere condiviso.
Ringrazio quindi l’Ing. Fandella per la sua collaborazione
Conosciamo tutti l’OEE (Overall equipment effectiveness): è una metrica che verifica quanto efficacemente si utilizza un apparecchiatura o una linea di produzione. In pratica l’OEE quantifica come performa un’unità produttiva rispetto alla sua capacità di targa, durante il periodo di funzionamento.
La TEEP (Total effective equipment performance) misura l’OEE rispetto alla disponibilità teorica dell’impianto, ossia, ai limiti, 24 ore al giorno per 365 giorni l’anno.
Le metriche sono le seguenti:
– Utilizzo: E’ la frazione di tempo che è realmente allocate per la produzione, ossia ci dice quanto potremmo ancora sfruttare l’impianto almeno teoricamente.
– Disponibilità: Mutuata dall’OEE, questa misura è la percentuale di tempo allocato in cui la macchina (linea, ecc.) funziona realmente (quindi esclude attrezzaggi, manutenzioni e attese).
– Efficienza: In pratica è la capacità dell’attrezzatura di produrre rispetto al ritmo calcolato.
– Qualità: Percentuale di pezzi buoni rispetto alla produzione totale.
L’OEE distingue la prestazione dell’unità produttiva in tre component misurabili: Disponibilità, Efficienza e Qualità. Ogni componente distingue una caratteristica che si può migliorare continuamente.
L’OEE può essere applicato a più livelli: dalla singola cella produttiva fino allo stabilimento completo. Con questo strumento si può anche analizzare le prestazioni per articolo, turno o altri livelli di analisi di dettaglio.
OEE= Disponibilità x Efficienza x Qualità
Nella normale esperienza produttiva un OEE di buon livello raggiunge circa l’85%.
Se l’OEE misura la prestazione nelle ore di funzionamento, il TEEP misura la prestazione rispetto alla disponibilità teorica di impianto, ossia il TEEP rappresenta quanto potremmo ancora utilizzare un impianto.
TEEP=Utilizzo x OEE
Andando più in dettaglio: l’Utilizzo è una pura misura di efficienza di sfruttamento impianto e non è affetto dall’efficacia di uso.
Utilizzo= Tempo di uso schedulato / Tempo di calendario
Se una linea è schedulata per essere utilizzata 5 giorni alla settimana, 24 ore al giorno, l’utilizzo sarà uguale a 120/168, ossia = 71.4%.
A questo punto significa che in via teorica il nostro impianto potrebbe essere sfruttato ancora per il 29%. Meglio pensarci e fare un’analisi costi benefici: conviene inserire una quarta squadra e sfruttare gli impianti? Se l’investimento di capitale è elevato e abbiamo già portato l’OEE a livello alti per tutti i turni e i codici, potrebbe valerne la pena
Autore: Ing. Sergio FANDELLA
Prendersi il tempo per pensare e farlo rendere
14 luglio 2011 § Lascia un commento
Con sofisticati sistemi di gestione documentale, la connettività globale e reti on-line i professionisti possono trovare rapporti di ricerca, best practice, articoli ed esperti da ogni parte del mondo. Perché i professionisti hanno così accesso diretto a informazioni e persone, molte aziende hanno lasciato la maggior parte di loro decidere dove andare e dove raccogliere i dati ( certo che spesso dovrebbero essere guidati per non trovarsi in un overload di informazioni)
Essere autonomi nella ricerca e selezione delle informazioni, di certo può dare un grande vantaggio in quanto nessuno meglio di noi e’ in grado di comprendere cosa stiamo cercando
Ora ci troviamo in una situazione in cui i dipendenti possono gestire le loro carriere e gli orari, attraverso la gestione on line, accedere a sistemi di offerta di lavoro, formazione, e-mail, la programmazione, e così via. L’Accesso on-line ha rimodellato le nostre vite personali e, cambiato il modo in cui viaggiamo, acquistiamo e leggiamo i libri,la ricerca dei negozi,lo stesso contatto con gli amici ( argomento che meriterebbe approfondimenti).
Siamo un periodo di transizione, tutto ciò che oggi risulta essere normale, 10 anni fa sarebbe stato considerato assurdo
Questo “bombardamento” di informazioni e questo essere sempre online non ci permette di prenderci il tempo di pensare e di riflettere sulle diverse scelte da prendere, ponendo le persone in una situazione di costante insoddisfazione e incertezza.
Vorrei ora toccare due argomenti, in parte già trattati in post precedenti
Think tank
Se ne parla molto, molti ci provano e dichiarano di utilizzare questo approccio, ma le idee successivamente diventano realtà?
E’ fondamentale, al fine di dare fiducia alle persone, selezionare insieme al team, le migliori proposte e portale avanti attraverso piani chiari semplici e condivisi
Avere una strategia per le nostre idee
Questa seconda fase, non solo e’ rivolta alle nuove idee, ma anche a situazioni aziendali e perché no personali, prendersi del tempo per definire cosa “faremo da grandi”, lo ritengo fondamentale,; voi potrete dirmi, ma non ho tempo, argomento che andremo a toccare in un altro post, m credetemi e’ la base per ogni crescita professionale e personale
Ovviamente, per motivi lavorativi vi suggerirei di utilizzare l’hoshin Kanri (post precedente) il quale vi permette di avere una visione completa ed estesa di quali sono i vostri piani a 3/5 anni esplondendoli poi in attività mirate e concrete e ben selezionate
Concludendo, raccogliete le informazioni che ruotano intorno a voi e vi interessano particolarmente, trasformatele in sogni ed idee, e successivamente fatele diventare concrete;
Seguire questo percorso vi permetterà di raggiungere un importante livello di sicurezza personale e di soddisfazione
Cinque motivi per cui le persone non dicono quello che sanno
11 luglio 2011 § Lascia un commento
Le Società sprecano milioni quando impiegati e direttori non condividono la loro conoscenza. Ma cambiare significa proprio comprendere perché questo non avviene.
Anni fa, feci un discorso ad un gruppo di dirigenti di un’azienda di informazione, conoscenza e comunicazione sociale. Parlando del cambiamento, piuttosto che della gestione della conoscenza, alla fine chiesi “Quanti di voi condividono cosa sanno? “. In mezzo a 200 persone, solamente tre alzarono la mano. Chiaramente, se le persone responsabili nel guidare, creare e promuovere il concetto di condivisione delle conoscenze, non le applicassero, noi ci troveremmo di fronte ad un grande problema, un problema umano, non un problema di tecnologia.
Ed ancora, quando analizzai la ricerca, la maggior parte della letteratura riguardava la tecnologia; alcune di esse riguardavano la cultura sociale; ma nessuna trattava gli inibitori individuali e motivatori alla condivisione.
C’è un elevato grado di conoscenza a tutti i livelli di un’organizzazione che riguarda i bisogni dei clienti, come i processi potrebbero essere migliorati o che prodotti nuovi e servizi potrebbero essere sviluppati.
Nel tentare di catturare e comunicare questa saggezza cumulativa, numerose società per azioni hanno investito centinaia di milioni in portali sociali, collaboratori di software ed intranet KM-diretto.
Ma condividere la conoscenza è più importante della tecnologia che la sostiene, più di una strategia di affari, che punta ad ottimizzare una società con esperimenti ed esperienza, ed è più importante anche di un passaggio culturale dall’era industriale all’età dell’informazione.
Condividere la conoscenza significa “lavorare”, prima di tutto, sulle persone.
Le persone che condividono quello che sanno, quando è loro richiesto, creano una nuova rete che “modernizza l’organizzazione”, dice Laurence Prusak, il guru della conoscenza, leader della IBM.
Nel perfetto modello di condivisione-conoscenza, i direttori non vengono valutati perché conoscono più del loro staff o perché possono comunicare rapidamente allo staff quello che sanno e trovano nei membri dello stesso, aiuto in questo lavoro di trasmissione.
I Leader costruiscono ambienti di fiducia e rispetto reciproco dove il contributo creativo è crescente e dove impiegati a tutti i livelli capiscono che, per avere successo in questo modo, è richiesta la collaborazione di tutti.
Questo sarebbe l’ideale.
La realtà è piuttosto diversa. Ho completato recentemente un esame, svolto su un gruppo campione di 200 direttori di medio-livello, sullo stato di conoscenza che viene condivisa nelle loro società, che conferma quello che stanno sperimentando molti professionisti di KM: tutti trattengono le informazioni e le esprimono solo “alla necessità di sapere” ed i dirigenti d’azienda chiedono un contributo ai loro collaboratori solo quando ciò che manca loro realmente è un nulla osta per decisioni già prese. In questo modo le persone non hanno condiviso quello che conoscono, interponendo così una varietà di inibitori personali ed organizzativi.
Questa evidenziazione delle barriere umane sottolinea l’importanza di captare i problemi delle persone nella gestione della conoscenza, prima di contare sulla tecnologia, per migliorare la comunicazione.
Questa sta divenendo una realtà estremamente costosa, difficile da misurare per le Società.
Valutare e bloccare i costi e le inefficienze sono il risultato di un lavoro intellettuale, che mostra l’inabilità di trovare risorse di conoscenza.
Secondo questo criterio, il deficit di conoscenza fra le 500 società Lucky, costa loro, complessivamente, 12 miliardi di dollari ogni anno.
Oltre a ciò, i migliori test e lezioni apprese hanno i potenziali per salvare molti billioni di dollari delle società.
Kenneth Derr, il formatore CEO di Chevron, vede così la situazione: “Ogni giorno in cui una migliore idea non viene utilizzata è un’opportunità persa. Noi dobbiamo condividere di più e più velocemente. Io dico agli impiegati che condividere ed usare le migliori tecniche sono le sole cose importanti che possono fare”.
Più facile dirlo che farlo.
Ci sono molte ragioni per cui le persone sono riluttanti a condividere quello che sanno:
– sono occupati e non hanno tempo per condividere.
– dimenticano di farlo.
– non vogliono ulteriore lavoro e le responsabilità che ne conseguono.
– sono assegnati a progetti che sentono indegni del loro contributo (un termine derisorio per loro è WOMBAT (spreco di soldi, cervelloni e tempo).
Ma quanto comuni possono essere queste condizioni, tanto esse non potevano essere le uniche risposte riscontrabili nella maggior parte delle mie ricerche.
Ecco le principali cinque ragioni per cui la gente non dice quello che sa:
1. Le persone credono che la conoscenza sia il potere
“Se io so qualcosa che tu non sai, io ho qualcosa più di te.”
Gli attuali sistemi istruttivi sono progettati per scoraggiare la diffusione delle informazioni. Se io do una risposta durante una prova e noi siamo classificati su una curva, io mi metto messo in posizione di svantaggio.
Più persone ancora lottano contro l’idea che “se io dico quello so, perdo qualcosa.”
Quando la valutazione di una società, è basata su numeri relativi, la percezione è che condividendo le proprie conoscenze si riduca l’opportunità del successo personale.
Perciò, la prima soluzione ovvia è cambiare il sistema di ricompensa.
Devono essere promosse le persone che imparano ed insegnano, mentre devono essere penalizzate quelle che non lo fanno.
In alcune società, accumulare conoscenze e non costruire nessuna idea, può comportare problemi alla propria carriera.
In alcune società americane di Gestione di Sistemi, le persone che mettono a disposizione le loro conoscenze istruendo i colleghi, aiutando altri ed insegnare al personale subalterno, si trasformano in leader di pensiero, creando così un lavoro di squadra tra le persone. Si capisce che il proprio crescere personale è più potente dei soldi.
Per 25.000 tecnici di servizio alla Xerox, in tutto il mondo, contribuire al database di Eureka con chiarimenti sulla manutenzione, è un’opportunità per divenire noti e conosciuti come leader di pensiero. Essere identificato personalmente con la soluzione ad un problema difficile, al servizio della Xerox, di fronte al mondo, rappresenta il più grande incentivo per le persone affinché contribuiscano alla condivisione della conoscenza. Alla Xerox, loro dimostrano che quell’accumulo di conoscenza non è più il potere, ma una eccellente reputazione.
2. Le persone sono insicure del valore della loro conoscenza
“Io sento che persone tendono a sottovalutare gli esperienze fatte durante la loro vita e per delle persone senza un’istruzione formale, è difficile credere che possano aggiungere valore in un modo molto diverso.”
Il mio ultimo libro, “Storia Fantasma: Una Favola di Affari Moderna”, la protagonista del libro ha un carattere per cui non condivide la sua conoscenza perché crede di non avere niente da offrire agli altri. Dot (l’eroina del libro) è un esempio di cosa intendono gli educatori come “competenza inconscia”. Semplicemente, lei non sa quello che sa. E, poiché lei non si sente in grado ed è intimidita in tutte le discussioni di squadra, crede che il suo contributo non abbia valore. (Alla fine, chiaramente, sono il suo coraggio, forza, e saggezza innata ad emergere).
Ci sono micro-culture in ogni organizzazione. Nonostante la cultura sociale e complessiva, sia i direttori individuali che i capi squadra possono creare un clima di collaborazione all’interno del loro gruppo di lavoro o personale.
I migliori leader dedicano parte del loro tempo e sforzo per rendere le persone più sicure.
Enfatizzano la forza delle persone, incoraggiando la condivisione di errori e le lezioni.
Chiariscono le loro aspettative ed i diversi ruoli individuali.
Aiutano tutti i membri a riconoscere il contributo che ognuno di loro può apportare alla squadra.
Modellano la franchezza, la vulnerabilità e l’onestà, raccontano storie dei successi di gruppo e sfide personali. E la maggior parte di loro incoraggia e rispetta ogni contributo.
3.Le persone non hanno fiducia l’un nell’altro
“Io non ho conosciuto personalmente gli altri membri della squadra, cosicché non ho acquisito fiducia in loro.”
Una cultura per la collaborazione deve essere basata sulla fiducia. Troppo spesso incominciamo nuovi progetti unendo gruppi di persone e diciamo loro semplicemente di “lavorare”. Questo approccio testato è meno produttivo, in quanto il gruppo non ha avuto il tempo di scoprire l’uno le forze dell’altro e la debolezza, né sviluppare una visione comune del progetto.
Insomma, alto turnover delle persone, sospensioni di massa ed i primi pensionamenti sviluppano la fiducia reciproca necessaria per costruire relazioni forti in tutta l’organizzazione.
Anche la motivazione, per gli individui, ad offrire conoscenza ad una banca dati elettronica è dipendente dalla relazione dei membri che usano il sistema. Se gli individui non hanno fiducia tra loro e nella loro conoscenza, credono che altri non potranno contribuire, ed è improbabile che il sistema potrà essere efficiente. La tecnologia può facilitare la condivisione della conoscenza ma deve essere abile nel farlo credere alle persone.
Siccome molte persone sono naturalmente riluttanti a trasmettere le informazioni ad altri, quando non sono sicuri delle loro conoscenze, la soluzione è creare l’opportunità alle persone per incontrarsi ed interagire in setting formali ed informali.
– Dare alle persone il tempo di sviluppare relazioni,
– valutare l’un l’altro la fedeltà ed imparare abbastanza bene l’uno dall’altro forze e debolezze per adattarsi costruttivamente a esse.
Il tempo dedicato a costruire ciò è il “capitale sociale” dell’inizio di un progetto e aumenta sempre più l’efficacia della squadra.
La fiducia è fragile; deve essere costruita lentamente con il tempo, deve crescere come le persone, correre i piccoli rischi ed aspettare quegli azioni che giustificano la fiducia. E, a meno che ci siano riserve sulla fiducia reciproca, essa può essere distrutta durante la notte.
La buona notizia è che quando la fiducia è penetrante diviene la forza che stimola la squadra, rilancia un contributo creativo e fa in modo che si lavori insieme con gioia.
4.Gli impiegati hanno paura di conseguenze negative
“Io avevo paura che la mia idea potesse essere messa in ridicolo se fosse stata leggermente oltre la normalità, piuttosto che considerata fonte di idee utili.”
Anni fa ebbi l’opportunità di parlare con il vincitore del Nobel, Linus Pauling. Quando gli chiesi del più grande ostacolo all’innovazione, lui rispose che “ogni processo istruttivo, scientifico od organizzativo” è la stasi del flusso delle idee.
La conoscenza è estremamente contestuale. È provocata dalle circostanze, come quando alle persone giuste accade di incontrarsi nel momento giusto e scoprire, nel corso della conversazione, che ognuno dei due ha delle informazioni di cui l‘altro aveva bisogno.
Quindi due cose sembrano evidenti:
1) Condividere la conoscenza è una qualità elusiva, circostanziale;
2) E’ nella combinazione ed incontro di idee che si creano nuove idee.
Diviene cruciale, poi, eliminare le barriere per creare un flusso libero di idee. Ognuno ha delle conoscenze ed è importante che vengano trasmesse a qualcun’altro, ed è possibile che ciò che viene detto sia essenziale per una soluzione.
Quando le opinioni sono messe in ridicolo, sono criticate o sono ignorate, le persone si sentono come punite per il loro contributo.
Tipicamente, le persone reagiscono estraniandosi dalla conversazione. Al contrario, quando le persone sono libere di fare domande “mute”, lanciare sfide, anche bizzarre, dare suggerimenti, trasmettendo la loro conoscenza, si forma un processo creativo di fusione di opinioni diverse, esperienze e prospettive verso un obiettivo condiviso.
5. Le persone lavorano per altre persone che non dicono quello che sanno
“Personalmente, ho avuto più problemi con direttori e manager che trattengono informazioni che con colleghi o membri di squadra”.
In ogni organizzazione gestire il flusso delle informazioni può diventare un ostacolo o un’incapacità alla trasmissione delle informazioni.
Nell’Era Industriale, la gestione dell’informazione era intenzionalmente ostruttiva come una questione politica. Gli impiegati non si aspettavano di contribuire al processo decisionale o alla risoluzione dei problemi, così le informazioni che loro avevano furono ristrette alla minima gestione.
Oggi, la collaborazione informata è vista come essenziale per il successo organizzativo, e i leader hanno bisogno di assicurarsi che ogni impiegato abbia accesso ad ogni fatto su ogni aspetto, affari, prodotti, e servizi competitivi e strategia organizzativa.
Inoltre, questo richiede un maggior investimento nello sviluppo istruttivo del personale, cosìcché tutti gli impiegati avranno una base abbastanza pratica per utilizzare i dati che si sono scambiati.
Sun Zu – quando la storia è ancora recente
7 luglio 2011 § Lascia un commento
Ho letto l’arte della Guerra di Sun Zu, e sono rimasto piacevolmente colpito nel comprendere che il passaggio delle attività rispecchia quanto oggi dovrebbe essere svolto da ogni impresa
Proverò attraverso una frase di ogni capitolo a farvi comprendere il paragone:
VALUTAZIONE – valutare i mercati, i competitors, gli elementi circostanti
PREPARAZIONE – essere preparati, prendere in considerazione i diversi aspetti e le diverse situazioni che si potrebbero presentare, pianificando cosa fare in caso di…
Essere sempre pronti
ATTACCO – avere un piano d’attacco, di penetrazione del mercato, dal punto di vista commerciale, o dal punto vista organizzativo creare una struttura sufficientemente flessibile e duttile in grado di adattarsi alle mutazioni e alle richieste dei nostri clienti
SCHIERAMENTO – Organizzazione, leadership, Team
FORZA – Spirito imprenditoriale, spirito di squadra, Creazione di Team
FORZE – Team coeso con visione Comunue sviluppata dai leader
SCONTRO – semplicemente muoversi nei mercati in giro per il Mondo
VARIABILI – Crisi, calo del mercato, condizioni di prezzo che mutano nel tempo
SPOSTAMENTI – sapersi adattare e se necessario spostare il focus
TERRITORIO – conoscere il campo in cui lavoriamo e ci dobbiamo muovere
SPIE – raccogliere informazioni, essere sempre aggiornati
quanti di voi svolgono questo processo???!!
Lavori in Autostrada
6 luglio 2011 § Lascia un commento
Vorrei condividire questo rapido post…
come mai i lavori in autostrada vengono regolarmente fatti di giorno bloccando il traffico di tutti coloro che utilizzano questi percorsi per arrivare più rapidamente presso clienti/fornitori?
In molte Nazioni Europee questo tipo di attività viene svolto di notte, senza in alcun modo causare nessun blocco…perchè in Italia non è possibile?
a chi ci dobbiamo rivolgere?
Per favore, qualcuno ci aiuti
7 Rimedi per correggere una strategia errata
4 luglio 2011 § Lascia un commento
E’ importante conoscere la differenza tra un errore di una volta e il giudizio e la decisione di perseguire una strategia criticamente imperfetta – di fatto, il tuo futuro professionale può dipendere da questa differenza.
Le strategie errate che producono prestazioni negative, i leader negativi, e cattive compagnie richiedono cure immediate al fine di non dover arrivare al momento di “dover scegliere il colore dei crisantemi”
Di seguito alcuni suggerimenti:
Ridefinire sul gol. La Strategia funziona solo se l’obiettivo primario è chiaro a tutti. Ragionate sulla situazione attuale e dove vi ha portato la Vs strategia, rimettete a fuoco il vero obiettivo, e poi ri-tracciate un percorso verso la sua realizzazione.
Rimettevi sulla giusta strada. A volte si può essere un ostacolo per il tuo successo personale. Mettersi al centro delle decisioni troppi grandi può aumentare i rischi. La soluzione è quella di mostrare una certa umiltà e di considerare la ristrutturazione in modo che le tue azioni possano avere una serie di controlli ed equilibri.
Raggruppare, ma con flessibilità. Il tuo errore ha disperso energie, quindi è necessario raggruppare le forze: questo è ovvio. Quello che è meno evidente è la potenziale necessità di ricostruire la fiducia e confidenza con i vostri colleghi. A tale scopo, potrebbe essere necessario sviluppare un approccio ibrido che mescola la nuova strategia impostata con alcune pratiche più vecchie. Ad esempio, la nuova strategia potrebbe avere incluso una tecnologia di base che ha ancora un senso, e ciooè il coinvolgimento e la redistribuzione delle responsabilità e delle competenze (argomento trattato nel post HOSHIN KANRI)
Comunicare per fermare il contagio. Tutti i gruppi all’interno della vostra azienda, i clienti e i fornitori – possono avere preso decisioni importanti e anche forgiato le loro strategie sulla base dei fatti accaduti. In questo caso, è necessario lavorare instancabilmente con loro per riformulare la strategia. Ignorando questo passo potrebbe vanificarsi ogni tentativo di crescita e rinascita dell’attività
Raccogliere più informazioni e migliorare le metriche. Se non si riesce ad utilizzare lo strumento appropriato o utilizzare le metriche per acquisire informazioni prima, durante e dopo la formazione della strategia, allora si potrebbe finire in una situazione di crisi. Pertanto, è necessario individuare le fonti di informazioni, quindi ideare (e usare) la miglior metrica.(post Hoshin Kanri)
Scegli un nuovo punto di partenza per l’esecuzione. A volte, l’idea fondamentale per la vostra strategia è stata ok, ma il punto di partenza ha generato il problema. Ad esempio, il lancio di un nuovo prodotto o il funzionamento potrebbe essere bloccati però posto in una scarsa posizione di mercato o da altre situazioni negative, o ancora avendo preso di mira il cliente sbagliato. Siate pronti a cambiare il punto di partenza in modo che cambi direttamente la vostra strategia.
Muoversi rapidamente. Uscire da una cattiva strategia è come allontarsi dalle corde durante un incontro di boxe – si deve fare in fretta, altrimenti verrai massacrato, muoversi rapidamente, prima che la vostra energia si esaurisca; inoltre un rapido recupero da parte del leader può ispirare i subordinati a seguirlo dando nuova vita alla vostra Azienda.
Utilizzate con attenzione, o meglio come “Ispirazione” queste brevi pillole vi possono essere d’aiuto
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